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Enozioni intervista Yoji Tokuyoshi, chef del ristorante Tokuyoshi di Milano

Yoji Tokuyoshi, chef giapponese del suo ristorante Stella Michelin Tokuyoshi‘ di Milano, già sous-chef di Massimo Bottura all’Osteria Francescana, propone una cucina italiana interpretata dall’occhio e dalla filosofia di un giapponese, la fusione di due culture finalizzate all’innovazione. Oggi ci racconta come crede che il mondo cambierà dopo la pandemia Covid-19 e perché essere fedele al suo DNA e ai suoi valori è il segreto del suo successo.

L’intervista:

Il mondo intero è coinvolto da questa pandemia globale. Prima di tutto, che messaggio sente di dare ai suoi clienti e soprattutto ai suoi colleghi?
Non avere paura di rimettersi in gioco. Io credo che osare, provare e lanciarsi in nuove iniziative sia il nettare della sopravvivenza, soprattutto nella situazione che stiamo vivendo ora. Per riuscire a continuare a fare ciò che amiamo bisogna andare incontro alle esigenze dei nostri clienti, quindi direi che la parola chiave sia ADATTARSI.

Si dice che dietro ogni problema ci sia sempre un’opportunità; questa pausa forzata non è facile da affrontare ma potrebbe averle anche dato modo di riscoprire il valore del tempo e l’occasione di poter studiare e sperimentare con maggiore calma. Cosa, di positivo, pensa uscirà da questa situazione?
Sicuramente durante questo stop forzato ho avuto la possibilità di passare più tempo con la mia famiglia, di riscoprire i miei valori, ma come potrà immaginare non sono riuscito a stare completamente fermo. Ho cercato di tenere unito il mio team creando delle piccole challenge casalinghe dove ognuno di noi preparava un piatto nelle proprie cucine sfidando gli altri; è stato estremamente divertente. La digitalizzazione ci ha permesso di continuare a vederci e sentirci nonostante la distanza, è proprio durante questi meeting che abbiamo iniziato a dare il via ad un nuovo progetto.

Come si sta preparando alla ripresa dopo i dolorosi sacrifici e lo stop forzato in questo periodo di emergenza?
Ciò di cui sono sicuro è che aprire ora le porte del Ristorante Tokuyoshi sarebbe un errore. La ristorazione stellata non è semplicemente la vendita di cibo e bevande; io e i miei colleghi offriamo esperienze ed emozioni uniche che se dovessimo riaprire non saremmo in grado di mantenere. Per questo motivo ci stiamo lanciando in un altro progetto appena lanciato: la ​Bentōteca​. Una nuova identità, separata, ma allo stesso tempo legata al Ristorante Tokuyoshi. E’ l’unione di due idee che da tempo ho in mente: vini naturali abbinati ad accattivanti bentō e udon kit.

L’emergenza Covid-19 sta riscrivendo le regole dell’enogastronomia. Come immagina il futuro della ristorazione quando tutto sarà finito?
Sicuramente ci sarà più consapevolezza, la gente ha capito che non si va al ristorante solo per il cibo, ma soprattutto per stare in compagnia. Ora più che mai la gente ha voglia di ritornare a vivere il contatto umano, il compito del ristoratore sarà quello di riuscire a soddisfare anche questo bisogno facendo però rispettare le regole. Non saremo semplici chef, saremo coloro che assicurano il rispetto dell’igiene, della sicurezza e del rispetto della legge.

Qualcuno sostiene che il “food delivery” rappresenti un valido supporto ai ristoratori… la teoria può essere applicata anche alla cucina d’autore?
E’ una delle opzioni che può aiutare la ristorazione, tuttavia non credo sia quella ideale per la categoria stellata. Il cliente ha un’aspettativa molto alta e molto spesso con il servizio delivery il piatto non rispecchia lo standard che mantiene quando viene servito al ristorante​Ecco perché la creazione della Bentōteca. Una tipologia di cucina diversa, perfetta per essere portata via e consumata a casa senza che si rovini.

Secondo lei quali saranno i trends che influenzeranno la ristorazione del futuro?
Secondo me i nuovi trends saranno pochi posti all’interno del ristorante ma con servizio e offerta culinaria estremamente curata, sicuramente continuerà il delivery insieme al take away e molto probabilmente ci sarà più richiesta di cucinare a domicilio

Il fine-dining ritornerà o rinascerà? 
Fine-dining non è solo mangiare bene ma anche essere in un posto di tendenza quindi sono sicuro che ritornerà

Ci racconti del suo piatto del cuore, il “signature dish” che più di tutti la identifica, cosa lo rende unico e se lo rivisiterebbe in futuro.
Il mio signature dish è il “Gyotaku”, un filetto di sgombro servito con mousse di capesante, aneto e scorza di agrumi. Il termine Gyotaku deriva da un’arte giapponese che risale al 1800 e secondo cui i pescatori giapponesi usavano imprimere la sagoma del pescato su una tela di riso come fosse un’opera d’arte, per rendere onore al lavoro svolto e al pesce. E’ un piatto molto importante ed incambiabile per il Ristorante Tokuyoshi in quanto omaggia la tradizione giapponese attraverso sapori italiani, trasmettendo così a chi assaggia i principi tipici dell’estetica e della cultura giapponese in un’ottica di gusto italiano.

Sostenibilità, un argomento sempre più di tendenza ultimamente. Quale pensa sarà l’impatto post-Covid-19 sui ristoranti fine-dining in fatto di sostenibilità? 
La sostenibilità non è una novità, soprattutto nella ristorazione stellata. Il fatto che adesso sia diventato ancora più di tendenza è un plus non indifferente. Per il mondo fine-dining è sicuramente un riconoscimento e apprezzamento in più da parte dei nostri attuali e futuri clienti.

Il suo ristorante ha un posto speciale nel suo cuore; ci racconti alcuni momenti che ricorda ancora quando ha aperto e quali sono state le sue maggiori sfide quando ha iniziato. 
Non ero molto concentrato sul servizio perché naturalmente io stavo in cucina. Poi mi sono accorto di quanto anche questo elemento fosse importante e così dal 2018 ho iniziato a migliorare anche questo aspetto sempre di più.

Con la sua cucina, lei è interprete e testimonial di una filosofia che va oltre il semplice cibo. Ha creato un universo e un DNA potente e riconoscibile. Quali pensa siano i fondamentali del successo? 
Per raggiungere il successo bisogna essere innovativi, unici, coraggiosi, e avere un briciolo di pazzia, ma soprattutto fidarsi del tuo team.

Come definirebbe il Made in Italy in tre parole? 
Verde, bianco, rosso… Ahahah, scherzavo. Tre, più che parole, concetti per definire il Made in Italy sono:  attenzione al dettaglio, genuinità dei prodotti, pura passione.

Gyotaku (c) Yoji Tokuyoshi
Gyotaku (c) Yoji Tokuyoshi

Ristorante Tokuyoshi
Via San Calocero 3,
20123 Milano

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